Ieri hanno tagliato un albero, nel giardino dei vicini.
Ora ne stanno tagliando un altro. Stesso giardino. Un albero che è una gioia per gli occhi. Enorme. Rigoglioso. Le stagioni fanno festa sui suoi rami. Adesso é verde. Pieno di foglie verdi. In autunno è giallo, arancio, e le foglie ritardatarie sono ancora verdine, in ottobre. E il mio cuore trema al suono della sega che lavora, e del tritapiante che macìna e macìna.
Stanotte un uomo si è spento.
Era mio zio.
Aveva cinquantasei anni, tre figli, un amore che durava da una vita, gli occhi cerùlei, ed era un cuoco, un falegname, un restauratore, un oratore, un aspirante cantante.
L'ho salutato in Italia non sapendo fosse l'ultima volta.
O forse lo sapevo ma lo rifiutavo. Glielo leggevo negli occhi. Gli leggevo la paura, la sofferenza, il dispiacere.
Occhi trasparenti e inquieti.
Quando rideva aveva le stesse rughe di mia madre. Gli stessi occhi.
Quando guardava me e i miei figli, era mia madre che cercava. Quella sorella tanto amata e tanto presto mancata.
Mi ha regalato una targa con una poetica incisione sulla nobile stirpe dal cuore gentile da cui derivo. Aveva paura dimenticassi le mie radici, una volta trapiantata in UK.
Ma come puoi dimenticare ciò che ti àncora alla terra?
Ciao zio Nicola.
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giovedì 9 maggio 2013
martedì 27 settembre 2011
?un?grande?punto?interrogativo?
La malattia se ne va in giro, e nessuno lo sa o la vede.
[perchè?]
Sarebbe bello se ti chiedesse prima chi sei? cosa fai? sei pronto?
[perchè?]
Ma pronto chi lo è?
[perchè?]
Mai, mai lo puoi essere - pronto.
[perchè?]
Ad ammalarti. A morirne.
[perchè?]
Men che meno a diciottanni.
[perchè?]
mercoledì 9 marzo 2011
Ciao Nonna Maria
Oggi mia nonna si è spenta.
Quasi novantasei anni di affetti son tanti, ma non se ne ha mai abbastanza.
Le lacrime sono sempre amare.
Quel pilastro su cui poggia l'intera costruzione della nostra famiglia, quella radice, la più antica, la più tenace, oggi ha deciso di lasciarsi andare.
Dopo aver subìto il tradimento del proprio corpo (mai della mente o del cuore), dopo aver sentito dolori in quelle stesse ossa che hanno partorito tutti noi, Nonna Maria ha affrontato la sua più grande paura, che la sua forte fede cristiana non le ha mai reso più sopportabile: la Morte.
Nonna era vita allo stato puro.
La sua vitalità, è parte di tutti noi.
Ma la tristezza di quella camera che resterà vuota di te e dei tuoi occhi vispi, sarà difficilmente lenibile.
Ciao nonna Maria.
Quasi novantasei anni di affetti son tanti, ma non se ne ha mai abbastanza.
Le lacrime sono sempre amare.
Quel pilastro su cui poggia l'intera costruzione della nostra famiglia, quella radice, la più antica, la più tenace, oggi ha deciso di lasciarsi andare.
Dopo aver subìto il tradimento del proprio corpo (mai della mente o del cuore), dopo aver sentito dolori in quelle stesse ossa che hanno partorito tutti noi, Nonna Maria ha affrontato la sua più grande paura, che la sua forte fede cristiana non le ha mai reso più sopportabile: la Morte.
Nonna era vita allo stato puro.
La sua vitalità, è parte di tutti noi.
Ma la tristezza di quella camera che resterà vuota di te e dei tuoi occhi vispi, sarà difficilmente lenibile.
Ciao nonna Maria.
giovedì 14 ottobre 2010
Coincidenze
Tre giorni fa, mi cade un bicchiere dalle mani, e si frantuma in mille subdoli e pericolosissimi pezzettini.
E, in quel momento, nella mia testa a che penso? Penso a quel che dicono nel film Le fate ignoranti, e cioè che quando ti si rompe un bicchiere significa che hai perso un amico, una persona cara.
Lei.
Lei che chiamo mamma, ma non è mia madre.
Tre giorni fa Lei ha fatto delle ecografie.
Lei ovviamente non sa niente.
Noi, adesso, sì.
mercoledì 21 aprile 2010
Ho lavato i vetri
Oggi sto così.
Per Diletta, Samuele, la loro brutta storia, e bellissima famiglia.
Così ho preso acqua e stracci e ho lavato i vetri.
Mi sento meglio.
Sento che la semplicità è la cosa migliore, sempre e in ogni caso, ma in questi tragici casi, lo è ancora di più. E lavare i ventri con acqua, seguendo la direzione che prendono le gocce, è quanto di più semplice e naturalmente calmante io conosca.
Sono fatta così. Quando sto giù, io pulisco.
Sapessi farlo, pregherei.
Adesso guardo fuori, attraverso i vetri, e guardo il cielo, celeste e bianco.
E mi sento pacificata.
Chissà, forse questo è il mio modo di pregare.
Un post di silenzio, per Diletta e Samuele.
Ieri ho letto una cosa terribile, nel tuo blog, che hai giustamente scelto di tenere privato.
E' da ieri che non mi capacito.
E' da ieri che spero in una smentita.
Perchè, è inutile, la mia testa scema non arriva a capire, laddove il cuore piange calde lacrime, nonostante la virtualità dei nostri rapporti.
Guardo Mattìa, il mio piccolino che è nato praticamente insieme alla tua Gioia, e penso a come diavolo fai.
Guardo Ivan, penso a Nicola e Ludovica e sento la terra sotto i piedi che mi trema.
Ho raccontato a mia sorella la tua storia. Non ci crede. Non crede a 'internet', non crede che possano accadere cose così, e, soprattutto, che tu possa avere la forza, o anche la voglia, di continuare a scrivere.
Perchè no, in fondo?
Scrivere è una cosa tua.
Se ti fa bene, benvenga!
Noi leggiamo e ci sentiamo impotenti.
Ti scriviamo parole che forse ti aiutano a sentirti meno sola.
Tu scrivendo, scegli di condividere, anche se in maniera virtuale.
E noi saremo sempre qui.
Per te e i tuoi bambini.
E, qualsiasi cosa possiamo fare per farti stare 'meglio', saremo ben lieti di farla.
Avevo pensato di scriverti una e-mail.
Ma poi ho pensato che è la blogosfera, che ti fa sentire meglio, e quindi ho optato per un post.
Spero non ti secchi. Nel caso fammelo sapere - provvederò alla cancellazione immediata.
Intanto, metto tutto in bianco su bianco.
Ciao Diletta.
Addio Samuele.
mercoledì 27 gennaio 2010
Aggiornamenti da nono mese
Ieri ho chiuso la porta dell'ufficio, e mi si è aperto il portone dei mesi della maternità.
Sicuramente della obbligatoria, ma qualcosa (l'esperienza già fatta) mi dice, anche della facoltativa.
Sicchè manca un mese esatto, al termine della settimana ostetrica.
Ivan si fece attendere altri otto giorni - speriamo che Mattìa si presenti a noi un pò prima.
Così l'ultimo grande scalone, l'ultimo grande mese di questo nostro viaggio insieme, si sta per concludere.
E questo, oltre ad essere il mese dedicato alle ultime cose pratiche, prima della nascita del secondo cucciolo, nonchè dedicato al fantasticare e figurarsi come sarà la nostra nuova vita a quattro, è anche il mese dedicato all'imponderabile.
Così, ieri l'altro, nel dormiveglia, sono stata molestata da pensieri funesti, suffragati da atroci ricordi.
Ricordi di una paffuta, bellissima nipotina, che non ha mai pianto.
E' stata partorita, ma non è mai nata.
Anche se, nel ventre della sua mamma, scalciava sana e forte, fino a poche ore prima del parto.
A volte mi ha preso l'insana sensazione che mia sorella M. abbia sofferto e pagato per tutte noialtre: accaduto a lei, quante probabilità ci siano che un altro cucciolo indifeso, un altro cuore puro e forte, un'altra di noi sorelle, patisca le stesse pene?
E invece ero lì, nell'incubo. Vuota. Silenziosa. Piangente e dolente. In colpa. Per non avere più in grembo il fratellino di Ivan. Il nostro nuovo cucciolo. Per non essere riuscita a dare la vita a quel cucciolo che di vita mi ha riempito nei mesi precedenti. Per non avere più in tasca la nostra nuova vita. Non c'è una quantità di lacrime adatta all'occasione.
Forse, è solo un modo per 'figurarsi' come sarebbe se....
Un modo per 'buttare le mani avanti'.
Ma, quando avanti trovi il baratro, buttarci le mani, non fa che peggiorare la caduta.
Sicuramente della obbligatoria, ma qualcosa (l'esperienza già fatta) mi dice, anche della facoltativa.
Sicchè manca un mese esatto, al termine della settimana ostetrica.
Ivan si fece attendere altri otto giorni - speriamo che Mattìa si presenti a noi un pò prima.
Così l'ultimo grande scalone, l'ultimo grande mese di questo nostro viaggio insieme, si sta per concludere.
E questo, oltre ad essere il mese dedicato alle ultime cose pratiche, prima della nascita del secondo cucciolo, nonchè dedicato al fantasticare e figurarsi come sarà la nostra nuova vita a quattro, è anche il mese dedicato all'imponderabile.
Così, ieri l'altro, nel dormiveglia, sono stata molestata da pensieri funesti, suffragati da atroci ricordi.
Ricordi di una paffuta, bellissima nipotina, che non ha mai pianto.
E' stata partorita, ma non è mai nata.
Anche se, nel ventre della sua mamma, scalciava sana e forte, fino a poche ore prima del parto.
A volte mi ha preso l'insana sensazione che mia sorella M. abbia sofferto e pagato per tutte noialtre: accaduto a lei, quante probabilità ci siano che un altro cucciolo indifeso, un altro cuore puro e forte, un'altra di noi sorelle, patisca le stesse pene?
E invece ero lì, nell'incubo. Vuota. Silenziosa. Piangente e dolente. In colpa. Per non avere più in grembo il fratellino di Ivan. Il nostro nuovo cucciolo. Per non essere riuscita a dare la vita a quel cucciolo che di vita mi ha riempito nei mesi precedenti. Per non avere più in tasca la nostra nuova vita. Non c'è una quantità di lacrime adatta all'occasione.
Forse, è solo un modo per 'figurarsi' come sarebbe se....
Un modo per 'buttare le mani avanti'.
Ma, quando avanti trovi il baratro, buttarci le mani, non fa che peggiorare la caduta.
lunedì 23 novembre 2009
Il cucciolo ammalato
L'influenza di Ivan ha avuto due fasi ben disinte:
- la prima, con febbre alta, che ha causato gastroenterite, e in un assurdo crescendo, muchi, catarro, raffreddore, mal di testa, occhi lucidi.
- la seconda, caratterizzata da assenza di febbre, ma una tosse notturna incontrollabile.
La diagnosi è chiara: tosse bronchiale, causa complicanza influenza - necessita di antibiotico.
Io: ma come, antibiotico senza febbre?
Primo Pediatra: sì, è per PREVENIRE una eventuale bronchite.
Risposta che mi lascia quantomeno perplessa: un antibiotico dovrebbe curare, non prevenire.
Secondo pediatra: signora, avrei preferito anche io che ci fosse stata la febbre, avrebbe significato che il sistema immunitario di suo figlio reagisce all'infezione, che comunque c'è, è in atto, ed è anche abbastanza avanzata. Evidentemente il sistema immunitario di suo figlio è stato indebolito dall'influenza che ha avuto la scorsa settimana, e non sta riconoscendo l'infezione. Diamo l'antibiotico senza febbre solo in casi estremi, e questo è un caso di quelli. Anzi, si sbrighi pure a darglielo.
Risposta che mi ha fatto girare la testa e tremare le ginocchia.
Uscita dal secondo pediatra, con la ricetta che pesava in borsa, mi sono guardata in giro, e ho affogato gli occhi nel cielo blu disegnato dalle stradine tortuose del centro storico.
La manina di Ivan era piccola e fredda, nella mia.
Poco prima aveva smesso di piangere e agitarsi mentre il medico lo auscultava. Ma appena rivestito aveva chiesto a gran voce la caramella che pensava di meritare.
Camminiamo lentamente e facendo attenzione alle chianche sconnesse.
Sono triste. Profondamente triste.
Mi girano in testa parole rapite non so più dove e quando.. 'complicazioni polmonari'.. 'bronchite non curata che si trasforma in polmonite'.. 'ospedalizzazione'..
Mi chiedo se Ivan sia abbastanza coperto.
Lo guardo. Ha il nasino rosso, gli occhi verdi scintillano alla luce del sole, segue con sguardo rapito una moto che passa sgommando.
'maaammma, 'a moto gaaande!!'
Mi dice, contento di essere finalmente uscito dopo una settimana di clausura.
Mentre lo vestivo, prima di uscire, a casa, al momento di infilare le scarpe mi aveva detto 'mamma, da quanto tempo che no metto quette cappe', e mi abbracciava, e mi baciava il nasino: segni inconfondibili che è grato per quel che gli stai facendo.
Il suo modo affettuoso di dirti grazie.
Gli guardo i piedini che incerti misurano i passi, su quelle chianche scure e sporche.
Lo sento piccolo. Indifeso. Lo abbraccio. Basterà per calmarmi il cuore?
----------------------------------
Domani termina la terapia del suo antibiotico preferito.
Dopodomani terminano i da lui odiati Paf.
Giovedì vedremo se abbiamo avuto la meglio.
Al momento, parrebbe di sì: la tosse è sparita, la notte si dorme tranquillamente, l'appetito sta tornando normale.
Ma qualcosa mi dice che non posso più fidarmi solo di questi segni 'apparenti'.
- la prima, con febbre alta, che ha causato gastroenterite, e in un assurdo crescendo, muchi, catarro, raffreddore, mal di testa, occhi lucidi.
- la seconda, caratterizzata da assenza di febbre, ma una tosse notturna incontrollabile.
La diagnosi è chiara: tosse bronchiale, causa complicanza influenza - necessita di antibiotico.
Io: ma come, antibiotico senza febbre?
Primo Pediatra: sì, è per PREVENIRE una eventuale bronchite.
Risposta che mi lascia quantomeno perplessa: un antibiotico dovrebbe curare, non prevenire.
Secondo pediatra: signora, avrei preferito anche io che ci fosse stata la febbre, avrebbe significato che il sistema immunitario di suo figlio reagisce all'infezione, che comunque c'è, è in atto, ed è anche abbastanza avanzata. Evidentemente il sistema immunitario di suo figlio è stato indebolito dall'influenza che ha avuto la scorsa settimana, e non sta riconoscendo l'infezione. Diamo l'antibiotico senza febbre solo in casi estremi, e questo è un caso di quelli. Anzi, si sbrighi pure a darglielo.
Risposta che mi ha fatto girare la testa e tremare le ginocchia.
Uscita dal secondo pediatra, con la ricetta che pesava in borsa, mi sono guardata in giro, e ho affogato gli occhi nel cielo blu disegnato dalle stradine tortuose del centro storico.
La manina di Ivan era piccola e fredda, nella mia.
Poco prima aveva smesso di piangere e agitarsi mentre il medico lo auscultava. Ma appena rivestito aveva chiesto a gran voce la caramella che pensava di meritare.
Camminiamo lentamente e facendo attenzione alle chianche sconnesse.
Sono triste. Profondamente triste.
Mi girano in testa parole rapite non so più dove e quando.. 'complicazioni polmonari'.. 'bronchite non curata che si trasforma in polmonite'.. 'ospedalizzazione'..
Mi chiedo se Ivan sia abbastanza coperto.
Lo guardo. Ha il nasino rosso, gli occhi verdi scintillano alla luce del sole, segue con sguardo rapito una moto che passa sgommando.
'maaammma, 'a moto gaaande!!'
Mi dice, contento di essere finalmente uscito dopo una settimana di clausura.
Mentre lo vestivo, prima di uscire, a casa, al momento di infilare le scarpe mi aveva detto 'mamma, da quanto tempo che no metto quette cappe', e mi abbracciava, e mi baciava il nasino: segni inconfondibili che è grato per quel che gli stai facendo.
Il suo modo affettuoso di dirti grazie.
Gli guardo i piedini che incerti misurano i passi, su quelle chianche scure e sporche.
Lo sento piccolo. Indifeso. Lo abbraccio. Basterà per calmarmi il cuore?
----------------------------------
Domani termina la terapia del suo antibiotico preferito.
Dopodomani terminano i da lui odiati Paf.
Giovedì vedremo se abbiamo avuto la meglio.
Al momento, parrebbe di sì: la tosse è sparita, la notte si dorme tranquillamente, l'appetito sta tornando normale.
Ma qualcosa mi dice che non posso più fidarmi solo di questi segni 'apparenti'.
venerdì 25 settembre 2009
Voglio trovare un senso a questa... pipì
Non me ne vogliate.
So bene che due post sulla dìndìn, uno dopo l'altro, sono una esagerazione per chiunque.
Ma il fatto è che questo è un periodo cupo e triste e pieno di domande su di me e sul mio cucciolo.
In principio era il pannolino.
E tutto era facile. Certo, il pupetto era diventato pesantuccio da issare sul fasciatoio, ma io ormai avevo una manualità non indifferente, e il pannolino sporco veniva prontamente gettato dal nanerottolo di casa, con tanta soddisfazione di tutti: nanerottolo, mamma e papà.
Poi arrivò il caldo, e il sudore, e il culetto rosso a contatto col pannolino, e il momento che sembrava quello giusto, e, messi da parte i millanta pannoloni d'avanzo, comperati gli slippini e boxerini più carini in commercio, abbiamo iniziato lo 'svezzamento da water'.
Ho scritto pochi post. Uno sulle prime ovvie difficoltà. Uno sui progressi. Uno che cantava vittoria troppo presto. E uno direttamente indirizzato alla pipì, una preghiera bell'ebbuona, che la dice lunga sul fatto che noi non sappiamo più dove sbattere la testa.
Cerco in continuazione di aggiustare il tiro, tentare nuove strade, ma a me pare che la situazione degeneri, e insieme a lei, la mia tranquillità.
Non so cosa fare. Come fare. Come prenderla. Come rispondere.
Devo rispondere?
Ma la domanda quale è?
Richiesta di attenzioni?
Ma se è il mio unico figlio, al momento?
Gli sto appicciata come chewing-gum ai capelli.
Forse gli sto troppo attaccata?
Forse dovrei fare ogni tanto io un viaggio di lavoro, anzichè il papà, così sentirebbe anche la mia, di mancanza, ogni tanto.
Lavoro fuori casa otto ore. Ma le restanti sedici, sto sempre con lui.
Non vado mai fuori da sola. E il week-end è 'tutti insieme'.
Lo coinvolgo in tutto quel che faccio, a casa e fuori. Gli spiego ogni cosa, anche mentre guido. Rispondo a tutte le sue domande. Gli canto canzoncine buffe appena inventate. Insieme ridiamo che è una goduria: lui fa ridere me, e io faccio ridere lui. Gli racconto storie belle, e gli semplifico quelle brutte. Gli cucino la pappa ogni sera. Gli compro i biscotti preferiti e gliene faccio provare sempre di più buoni (modestamente ne sono un'esperta). Facciamo la spesa insieme e lui è felice quando lo tratto da adulto. Non gli impongo mai nulla, gli spiego ogni singola decisione, facciamo accordi che soddisfano entrambi, e sogno di non deluderlo mai.
Non riesco a non baciarlo e coccolarlo per più di mezz'ora.
E lui le sente queste cose, io lo so, lo sento, lo capisco da come anche lui mi coccola e mi cerca, e dal fatto che quando siamo fuori, se deve mostrare qualcosa di nuovo, o vuole fare domande, chiede e sempre e solo 'mamma??'
E allora perchè mi sento così maledettamente inadatta a questa cosa che è: educarlo a capire il proprio corpo, riconoscere lo stimolo della pipì e farla al posto giusto?
D'accordo, c'è la parte pratica della faccenda: cambiarlo mentre stiamo per uscire, non è il massimo. Rientrare in pausa pranzo e dover smontare il seggiolino per lavarlo, e lavare i tappetini dell'auto, non è il massimo. Fargli indossare i sandali perchè le scarpe sono ancora bagnate non è bello. Cambiare tutto il letto due giorni di seguito neppure. Smontare e lavare il divano non è divertente.
Ma non è questo.
Io voglio capire perchè.
C'è la questione psicologica che mi sfugge.
C'è il 'fratellino' che però ancora non è nato.
C'è il primo fresco, ma c'è per tutti, e non mi pare di aver visto l'asilo sottosopra in questi giorni.
C'è la mia 'ossessione' per la pipì.
C'è che forse non era il momento adatto per togliergli il pannolino.
C'è che forse mi fa i dispetti e io non so perchè.
E c'è che a me, vien solo da piangere.
So bene che due post sulla dìndìn, uno dopo l'altro, sono una esagerazione per chiunque.
Ma il fatto è che questo è un periodo cupo e triste e pieno di domande su di me e sul mio cucciolo.
In principio era il pannolino.
E tutto era facile. Certo, il pupetto era diventato pesantuccio da issare sul fasciatoio, ma io ormai avevo una manualità non indifferente, e il pannolino sporco veniva prontamente gettato dal nanerottolo di casa, con tanta soddisfazione di tutti: nanerottolo, mamma e papà.
Poi arrivò il caldo, e il sudore, e il culetto rosso a contatto col pannolino, e il momento che sembrava quello giusto, e, messi da parte i millanta pannoloni d'avanzo, comperati gli slippini e boxerini più carini in commercio, abbiamo iniziato lo 'svezzamento da water'.
Ho scritto pochi post. Uno sulle prime ovvie difficoltà. Uno sui progressi. Uno che cantava vittoria troppo presto. E uno direttamente indirizzato alla pipì, una preghiera bell'ebbuona, che la dice lunga sul fatto che noi non sappiamo più dove sbattere la testa.
Cerco in continuazione di aggiustare il tiro, tentare nuove strade, ma a me pare che la situazione degeneri, e insieme a lei, la mia tranquillità.
Non so cosa fare. Come fare. Come prenderla. Come rispondere.
Devo rispondere?
Ma la domanda quale è?
Richiesta di attenzioni?
Ma se è il mio unico figlio, al momento?
Gli sto appicciata come chewing-gum ai capelli.
Forse gli sto troppo attaccata?
Forse dovrei fare ogni tanto io un viaggio di lavoro, anzichè il papà, così sentirebbe anche la mia, di mancanza, ogni tanto.
Lavoro fuori casa otto ore. Ma le restanti sedici, sto sempre con lui.
Non vado mai fuori da sola. E il week-end è 'tutti insieme'.
Lo coinvolgo in tutto quel che faccio, a casa e fuori. Gli spiego ogni cosa, anche mentre guido. Rispondo a tutte le sue domande. Gli canto canzoncine buffe appena inventate. Insieme ridiamo che è una goduria: lui fa ridere me, e io faccio ridere lui. Gli racconto storie belle, e gli semplifico quelle brutte. Gli cucino la pappa ogni sera. Gli compro i biscotti preferiti e gliene faccio provare sempre di più buoni (modestamente ne sono un'esperta). Facciamo la spesa insieme e lui è felice quando lo tratto da adulto. Non gli impongo mai nulla, gli spiego ogni singola decisione, facciamo accordi che soddisfano entrambi, e sogno di non deluderlo mai.
Non riesco a non baciarlo e coccolarlo per più di mezz'ora.
E lui le sente queste cose, io lo so, lo sento, lo capisco da come anche lui mi coccola e mi cerca, e dal fatto che quando siamo fuori, se deve mostrare qualcosa di nuovo, o vuole fare domande, chiede e sempre e solo 'mamma??'
E allora perchè mi sento così maledettamente inadatta a questa cosa che è: educarlo a capire il proprio corpo, riconoscere lo stimolo della pipì e farla al posto giusto?
D'accordo, c'è la parte pratica della faccenda: cambiarlo mentre stiamo per uscire, non è il massimo. Rientrare in pausa pranzo e dover smontare il seggiolino per lavarlo, e lavare i tappetini dell'auto, non è il massimo. Fargli indossare i sandali perchè le scarpe sono ancora bagnate non è bello. Cambiare tutto il letto due giorni di seguito neppure. Smontare e lavare il divano non è divertente.
Ma non è questo.
Io voglio capire perchè.
C'è la questione psicologica che mi sfugge.
C'è il 'fratellino' che però ancora non è nato.
C'è il primo fresco, ma c'è per tutti, e non mi pare di aver visto l'asilo sottosopra in questi giorni.
C'è la mia 'ossessione' per la pipì.
C'è che forse non era il momento adatto per togliergli il pannolino.
C'è che forse mi fa i dispetti e io non so perchè.
E c'è che a me, vien solo da piangere.
mercoledì 2 settembre 2009
Un pensiero all'Amica
Cara Amica, Cara Mamma, Cara Ex-Collega, Cara ex-compagna-delle-superiori.
Non riesco neppure ad immaginare che cosa hai passato in questi giorni.
La sorpresa, lo spavento, e il dolore che ti hanno attraversato, non hanno eguali, per una donna.
Una gravidanza extra-uterina, e nel mondo cambiano i colori.
Piangi, piangi pure.
Dalle lacrime uscirai più forte, e domani sarai di nuovo tu.
Non riesco neppure ad immaginare che cosa hai passato in questi giorni.
La sorpresa, lo spavento, e il dolore che ti hanno attraversato, non hanno eguali, per una donna.
Una gravidanza extra-uterina, e nel mondo cambiano i colori.
Piangi, piangi pure.
Dalle lacrime uscirai più forte, e domani sarai di nuovo tu.
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