venerdì 8 febbraio 2008
Lavorare stanca
Un giorno, molto lontano, una ragazza appena diplomata, per fifa dell'università, e curiosità verso il mondo del lavoro che l'aveva sempre affascinata, si mise alla ricerca di un impiego, e lo trovò subito.. al primo incontro. E ne trovò uno speciale, che le stava addosso, proprio come un abito di alta sartoria, cucito su misura per lei.
Chissenefrega se per un pò, all'inizio, non era assunta.
Vuoi mettere: i contributi per la pensione (lontanissima), la maternità (che? ancora presto), le ferie (pagate lo stesso), la tredicesima (pagata lo stesso), i permessi (quando ce vò ce vò, te lo pigli, e buonanotte), la malattia (pagata lo stesso) e gli infortuni (speriamo di no!!), sullo stesso piano del piacere di aver trovato ciò che fa per te?
Il lavoro le piaceva, era una continua sorpresa, e quando iniziò a ricevere le prime gratificazioni, non necessariamente di natura economica (ognuno ha le proprie priorità), era fatta, fritta, fregata: sarebbe rimasta fedele a quel lavoro, finchè esso fosse stato in grado di soddisfare il suo bisogno di sentirsi brava.
E quando il lavoro (volendolo schematizzare) non era altro che aiutare altri esseri umani, risolvendo i loro problemi, anticipandoli, capendoli prima degli altri, indovinandone le cause e aggiustandole con logica e passione, dovendo continuamente aggiornarsi, imparare nuove cose, nuove realtà, e azzeccandoci sempre.. o quasi.. ecco che si intuisce che quel lavoro, dal punto di vista della gratificazione personale, fosse per lei come un pozzo senza fondo.
E se 'il mondo è bello perchè è vario', non mi stupisco del fatto che per qualcuno sia più importante la gratificazione personale, e per qualcun altro la soddisfazione economica, o quantomeno, l'essere assunto secondo i minimi di legge.
Personalmente mi rifugio in una piuttosto che nell'altra, a seconda del periodo che vivo: se mi sento povera.. dico vabbè, il lavoro mi gratifica, dal punto di vista umano e personale; se invece mi sento insoddisfatta e depressa.. mi dico, bè, dài, lo stipendio è almeno decente, 'da queste parti'.
Dico 'da queste parti', perchè un discorso di questo tipo, non può non tener conto del MONDO del lavoro intorno a noi. E questo non per ambire a stare peggio di come si sta, guardando a chi, appunto, sta peggio di noi, ma solo per prendere atto che il mondo qui va così, e non solo per noi dipendenti, ma anche per i liberi professionisti.
Siamo tutti sulla stessa barca, e quindi.. perfavore, remiamo tutti verso un unico obiettivo: la terra ferma, chè io non so nuotare.
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6 commenti:
MIA CARA CARPINA..SONO D'ACCORDO CON TE..VIVA LA LIBERTA' DI PENSIERO!!
io ho fatto della "gratifica personale" la mia bandiera... ma a volte si deve anche mangiare qualcosa di solido...la soddisfazione personale è altalenante non è costante. i soldi, i permessi pagati, le ferie sono esigenze. telo dice una che ad agosto non prende una lira e che se si ammala deve sborsare dei soldi per pagare una sostituta, ma che comunque continua a fare quel lavoro...per sentirsi bene l'anima...;)anche se è solo cretina ;p
Mi sembra di sentire une della protagoniste di Happiness, film che ti consiglio di vedere. Vorrei vedervi senza mariti a tirare avanti una famiglia con lo stipendio da fame che avete, soprattutto se non siete assunte.
Comunque per fortuna sta tornando Lui e aumenterà la vostra gioia nel sentirvi felici con il vostro lavoro, probabilmente senza pensione, con un futuro roseo per i vostri figli che avrete costruito con il sorriso sulla faccia.
E quando vedrete i vostri figli grandi, arrancare per campare peggio di voi, competere con i cinesi in una sfida al ribasso, forse vi togliere quello stupido sorriso dalla faccia di donna gratificata dal proprio lavoro da fame.
Purtroppo ci meritiamo Berlusconi. Siamo diventati questo.
Pasoli diceva
Alla mia nazione - Pier Paolo Pasolini
Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.
"Chissenefrega se per un pò, all'inizio, non era assunta."
Parlavo di 'per un pò - all'inizio', cioè non ambisco, oggi, nè ieri, a lavorare in nero a vita, nè tantomeno parlavo del lavoro in nero come di una cosa degna di rispetto.
Dicevo solo che 'ci sono passata' da un momento in cui stai imparando un nuovo lavoro, per cui non senti di riuscire a dare il massimo, perchè appunto lo stai imparando, e quindi non ti senti di poterlo chiedere, il massimo.
Non dico che così sia giusto, dico solo che così accade.
Anzi, così è accaduto a me.
sinusoide: io non so come tu faccia, sinceramente, hai una fibra d'acciaio per resistere in tale situazione! (soldi per una sostituta?? Chè????????)
lavoro=schiavitù
non c'è molto altro da dire, sia esso lavoro dipendente che altro.
sin dall'inizio ho cercato nel lavoro un aspetto ludico in grado di giustificare la "sottomissione" a quell'uguaglianza.
L'informatica me l'ha fornita e continua a farlo, anche se devo "sbattermi" ore e ore di viaggio.
Non c'entra nè la soddisfazione economica nè altro. Solo, è bello sentirsi dire "bravo" o meglio ancora "grazie", o ancora "siamo davvero un bel team" o "abbiamo fatto un bel lavoro".
Ultime parole spese a questo riguardo, per rispondere a nexusdue che dice "Vorrei vedervi senza mariti a tirare avanti una famiglia con lo stipendio da fame che avete, soprattutto se non siete assunte."
Ora, a parte che non mi sembra un augurio benevolo, direi che nella delicata situazione da te descritta, le priorità di una, di chiunque, cambino.
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