Un tempo, leggevo tanti libri.
Poi è nato I., e di libri ne
ho letti sempre meno, ma resistevano, tenaci, momenti di poetico incanto tra pagine stampate, scritte per essere lette (proprio da me, e questa è
la parte più scioccante: la sensazione che quelle parole siano state
scritte per me, da persone totalmente sconosciute, ma che riescano a parlare proprio a me, e come fanno? magia della parola scritta).
Poi
è arrivato M., e i libri sono diventati un piacere proibito,
qualcosa da ritagliarsi nei momenti ritagliati da altri momenti. Un
extra lusso. Avevo in mente un dopoparto sprint, e l'ho avuto, in
effetti, facendo docce e shampoo a gogo, truccandomi e
prendendomi il mio tempo per vestirmi decentemente, e queste sono tutte
piccole cose che hanno fatto la differenza. Ma il risultato è stato che non ho
più coltivato la mia lettura che, come una pianta senz'acqua, si è seccata, rimpicciolita; le foglie si sono abbassate, contrite, e han pure
cambiato colore. Ma io lo sapevo che non era da buttare via e che
dentro, in fondo in fondo, la linfa vitale di quella piantina aspettava
solo di essere sfiorata dalla punta delle mie dita che sfogliavano
pagine di parole.