Per noi la scuola è cominciata il primo settembre, poichè Ivan frequenta un asilo privato.
E' però da lunedì che invece si sono aperti i cancelli di tutte le scuole altamurane, ed è da lunedì che sentiamo le tapparelle di tutto il palazzo svegliarsi alle 7 del mattino.
Insieme alla routine della scuola, è ricominciato il viavai delle mamme che accompagnano i piccoli, e che poi magari si fermano a fare colazione al bar lì vicino.
Alzi la mano chi ci vede qualcosa di male nel fare colazione al bar, insieme ad altre mamme, insieme ad altre amiche, o anche da sola, sperando magari di fare nuove conoscenze.
Personalmente non ci vedo nulla di male, sono solo gelosa del loro tempo libero, ma è una gelosia bonaria alla 'beate loro, se potessi lo farei anch'io..'
Vengo invece a sapere che donV. dall'alto della carica sociale che riveste, e assolutamente puntuale con l'apertura delle scuole, ha fatto notare questa abitudine, durante le funzioni religiose (=per raggiungere il maggior numero di orecchi), insinuando che la colazione al bar, fosse preludio e preparazione di cose ben più sconce che accadono subito dopo.
E come reagiscono gli orecchi che vengono a conoscenza di queste 'dicerie' in diretta?
Reagiscono concludendo che 'durante le confessioni sono saltate fuori queste storie', e che, non solo sono cose assolutamente vere, e che donV. abbia fatto bene a diffonderle per informare l'intera comunità (la cosa importante è che non diffonda CHI gliele ha confessate), ma (ohmygod non ci credo..) che valgono indistintamente, per tutte le donne che hanno questo tipo di libertà!
Perchè se una mamma si ritaglia quei minuti liberi, significa che ambisce a ritagliarsi ben altro.
Perchè se una mamma fa colazione al bar, non è a casa a cucinare.
Perchè se una mamma fa colazione al bar, non è a casa a rassettare.
Perchè se una mamma fa colazione al bar, non è a fare la spesa.
Perchè se una mamma fa colazione al bar, non pensa ad altri che a sè stessa.
E indovinate un pò chi sono gli orecchi più bigotti e pronti ad assorbire questa comoda mentalità?
Le altre mamme. Le altre donne.
Tristezza infinita.
Provincia asfissiante.
(I provinciali - Baustelle)
Sacrificata vittima
verso d'amore cerca fiato per non soffocare più
azzittasi crepuscoli, balere ad ore piccole
morire la domenica
chiesa cattolica
estetica anestetica
provincia cronica
Si vende amore tossico
'ndrangheta e camorra
più Gomorra e meno Sodoma
denunciasi calamità di mariuana e crimine
morire la domenica
chiesa cattolica
estetica anestetica
provincia cronica
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mercoledì 16 settembre 2009
giovedì 31 luglio 2008
Lavagna e Grembiule
Oggi sono stata alla mia scuola elementare.
Sono andata lì per cose burocratiche, ma quando sono uscita dall'ufficio del segretario, anzichè scendere direttamente giù, sono stata a visitare la mia aula, in cui ho passato cinque infantili anni della mia vita.
L'odore non era più lo stesso, sarà che era tutta vuota, ed io invece l'ho sempre vissuta piena di bambini, e i bambini, si sa, riempiono di odore le stanze.
Passavo fra i banchi, di fòrmica verde, le seggiole, di legno chiaro, la lavagna, nera e pulita, e le finestre, alte e strette, che ricoprono un'intera parete: tutto uguale. Solo, più piccolo.
Ai primi fiocchi di neve intravisti da quelle finestre, il cuore iniziava a viaggiare battendo forte, verso pomeriggi pieni di mani gelate e nasi rossi. Pieni dei silenzi delle nevicate.
Poi la cartina fisica dell'Italia.
Quanti sogni su quello stivale circondato da mari azzurri.
Quanto grande mi pareva... quanto piccola mi sentivo, io, che ero ad Altamura, che era un nulla in quel tacco.
Mancavano le veneziane verdi, chissà come mai, ricordo che di sole ne entrava parecchio e spesso le tenevamo giù.. non so come facciano oggi per proteggersene.
In più, oggi, in quella stanza ci sono le etichette col nome degli oggetti in inglese (ai suoi tempi non si studiava l'inglese alle elementari, e quindi sono una novità per la bimba che è in me) 'board' 'chair' 'desk'.
E poi ho dato un'occhio al bagno delle femminucce. Le solite piastrelle, marroni al pavimento e bianchissime ai muri. Due lavandini, due water in due stanzette. E sulla parete di divisione dei due bagnetti, le solite due piastrelle mancanti, che creano un buco che lascia intravedere le viscere di calcinacci del muro.
E ogni volta che ci si alzava per andare in bagno, tutta la classe ti guardava. E quando rientravi, idem. E lo sapevi, e stavi attenta a come ti muovevi, invidiando le ragazzine più sciolte di te, nelle movenze che parevano già adulte.
Quante bic ho usato.. nere, rosse, blu. La rossa era la femmina. Il nero il maschio. Il blu a volte femmina, a volte maschio. I tappi delle bic erano i capelli, e tutti li avevano lunghi, legati a coda di cavallo.
Il profumo dei pennarelli a spirito.
Il rosa spettacolare e luminoso dei pastelli a spirito della Giotto, rispetto ai miei economici Carioca, tenuti in rigoroso ordine nella confezione colorata.
Il segreto di rigirare lo stantuffo imbevuto di colore, all'interno del corpo del colore stesso, per farlo durare un pò di più - e lo sporcarti inesorabilmente durante questa operazione.
Le tabelline.
La storia della 'b' e della 'p' che sono dei vecchietti, e per camminare hanno bisogno di un sostegno sicuro come la 'm' mentre con la 'n' cadrebbero.
Le letture.
La dolce paura dell'interrogazione.
Il grembiulino bianco, con l'immancabile fiocco blu, tutto storto, e bruciacchiato alle punte per non farlo sfilacciare. I miei capelli lunghi, a perenne coda di cavallo, alta o bassa, e, a volte, la gigliola.
L'impazienza di imparare a risolvere i 'problemi' in matematica, quando ancora non avevi idea di che cosa significasse 'PROBLEMA'.
La maestra Anna e le sue caramelle alla menta, che rumoreggiano quando le agiti, nel pacchetto tondo, di latta.
E l'albero in cortile, quello assegnato alla mia classe, sotto al quale ci riunivamo al mattino, aspettando la maestra Anna, che paziente ci guidava in classe. E' diventato un albero enorme.
Mi sono sentita come quell'albero.
E' stata una bella emozione, dritta qui nel petto.
Sono andata lì per cose burocratiche, ma quando sono uscita dall'ufficio del segretario, anzichè scendere direttamente giù, sono stata a visitare la mia aula, in cui ho passato cinque infantili anni della mia vita.
L'odore non era più lo stesso, sarà che era tutta vuota, ed io invece l'ho sempre vissuta piena di bambini, e i bambini, si sa, riempiono di odore le stanze.
Passavo fra i banchi, di fòrmica verde, le seggiole, di legno chiaro, la lavagna, nera e pulita, e le finestre, alte e strette, che ricoprono un'intera parete: tutto uguale. Solo, più piccolo.
Ai primi fiocchi di neve intravisti da quelle finestre, il cuore iniziava a viaggiare battendo forte, verso pomeriggi pieni di mani gelate e nasi rossi. Pieni dei silenzi delle nevicate.
Poi la cartina fisica dell'Italia.
Quanti sogni su quello stivale circondato da mari azzurri.
Quanto grande mi pareva... quanto piccola mi sentivo, io, che ero ad Altamura, che era un nulla in quel tacco.
Mancavano le veneziane verdi, chissà come mai, ricordo che di sole ne entrava parecchio e spesso le tenevamo giù.. non so come facciano oggi per proteggersene.
In più, oggi, in quella stanza ci sono le etichette col nome degli oggetti in inglese (ai suoi tempi non si studiava l'inglese alle elementari, e quindi sono una novità per la bimba che è in me) 'board' 'chair' 'desk'.
E poi ho dato un'occhio al bagno delle femminucce. Le solite piastrelle, marroni al pavimento e bianchissime ai muri. Due lavandini, due water in due stanzette. E sulla parete di divisione dei due bagnetti, le solite due piastrelle mancanti, che creano un buco che lascia intravedere le viscere di calcinacci del muro.
E ogni volta che ci si alzava per andare in bagno, tutta la classe ti guardava. E quando rientravi, idem. E lo sapevi, e stavi attenta a come ti muovevi, invidiando le ragazzine più sciolte di te, nelle movenze che parevano già adulte.
Quante bic ho usato.. nere, rosse, blu. La rossa era la femmina. Il nero il maschio. Il blu a volte femmina, a volte maschio. I tappi delle bic erano i capelli, e tutti li avevano lunghi, legati a coda di cavallo.
Il profumo dei pennarelli a spirito.
Il rosa spettacolare e luminoso dei pastelli a spirito della Giotto, rispetto ai miei economici Carioca, tenuti in rigoroso ordine nella confezione colorata.
Il segreto di rigirare lo stantuffo imbevuto di colore, all'interno del corpo del colore stesso, per farlo durare un pò di più - e lo sporcarti inesorabilmente durante questa operazione.
Le tabelline.
La storia della 'b' e della 'p' che sono dei vecchietti, e per camminare hanno bisogno di un sostegno sicuro come la 'm' mentre con la 'n' cadrebbero.
Le letture.
La dolce paura dell'interrogazione.
Il grembiulino bianco, con l'immancabile fiocco blu, tutto storto, e bruciacchiato alle punte per non farlo sfilacciare. I miei capelli lunghi, a perenne coda di cavallo, alta o bassa, e, a volte, la gigliola.
L'impazienza di imparare a risolvere i 'problemi' in matematica, quando ancora non avevi idea di che cosa significasse 'PROBLEMA'.
La maestra Anna e le sue caramelle alla menta, che rumoreggiano quando le agiti, nel pacchetto tondo, di latta.
E l'albero in cortile, quello assegnato alla mia classe, sotto al quale ci riunivamo al mattino, aspettando la maestra Anna, che paziente ci guidava in classe. E' diventato un albero enorme.
Mi sono sentita come quell'albero.
E' stata una bella emozione, dritta qui nel petto.
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