giovedì 31 luglio 2008

Lavagna e Grembiule

Oggi sono stata alla mia scuola elementare.
Sono andata lì per cose burocratiche, ma quando sono uscita dall'ufficio del segretario, anzichè scendere direttamente giù, sono stata a visitare la mia aula, in cui ho passato cinque infantili anni della mia vita.
L'odore non era più lo stesso, sarà che era tutta vuota, ed io invece l'ho sempre vissuta piena di bambini, e i bambini, si sa, riempiono di odore le stanze.
Passavo fra i banchi, di fòrmica verde, le seggiole, di legno chiaro, la lavagna, nera e pulita, e le finestre, alte e strette, che ricoprono un'intera parete: tutto uguale. Solo, più piccolo.
Ai primi fiocchi di neve intravisti da quelle finestre, il cuore iniziava a viaggiare battendo forte, verso pomeriggi pieni di mani gelate e nasi rossi. Pieni dei silenzi delle nevicate.
Poi la cartina fisica dell'Italia.
Quanti sogni su quello stivale circondato da mari azzurri.
Quanto grande mi pareva... quanto piccola mi sentivo, io, che ero ad Altamura, che era un nulla in quel tacco.
Mancavano le veneziane verdi, chissà come mai, ricordo che di sole ne entrava parecchio e spesso le tenevamo giù.. non so come facciano oggi per proteggersene.

In più, oggi, in quella stanza ci sono le etichette col nome degli oggetti in inglese (ai suoi tempi non si studiava l'inglese alle elementari, e quindi sono una novità per la bimba che è in me) 'board' 'chair' 'desk'.
E poi ho dato un'occhio al bagno delle femminucce. Le solite piastrelle, marroni al pavimento e bianchissime ai muri. Due lavandini, due water in due stanzette. E sulla parete di divisione dei due bagnetti, le solite due piastrelle mancanti, che creano un buco che lascia intravedere le viscere di calcinacci del muro.
E ogni volta che ci si alzava per andare in bagno, tutta la classe ti guardava. E quando rientravi, idem. E lo sapevi, e stavi attenta a come ti muovevi, invidiando le ragazzine più sciolte di te, nelle movenze che parevano già adulte.
Quante bic ho usato.. nere, rosse, blu. La rossa era la femmina. Il nero il maschio. Il blu a volte femmina, a volte maschio. I tappi delle bic erano i capelli, e tutti li avevano lunghi, legati a coda di cavallo.
Il profumo dei pennarelli a spirito.
Il rosa spettacolare e luminoso dei pastelli a spirito della Giotto, rispetto ai miei economici Carioca, tenuti in rigoroso ordine nella confezione colorata.
Il segreto di rigirare lo stantuffo imbevuto di colore, all'interno del corpo del colore stesso, per farlo durare un pò di più - e lo sporcarti inesorabilmente durante questa operazione.
Le tabelline.
La storia della 'b' e della 'p' che sono dei vecchietti, e per camminare hanno bisogno di un sostegno sicuro come la 'm' mentre con la 'n' cadrebbero.
Le letture.
La dolce paura dell'interrogazione.
Il grembiulino bianco, con l'immancabile fiocco blu, tutto storto, e bruciacchiato alle punte per non farlo sfilacciare. I miei capelli lunghi, a perenne coda di cavallo, alta o bassa, e, a volte, la gigliola.
L'impazienza di imparare a risolvere i 'problemi' in matematica, quando ancora non avevi idea di che cosa significasse 'PROBLEMA'.
La maestra Anna e le sue caramelle alla menta, che rumoreggiano quando le agiti, nel pacchetto tondo, di latta.
E l'albero in cortile, quello assegnato alla mia classe, sotto al quale ci riunivamo al mattino, aspettando la maestra Anna, che paziente ci guidava in classe. E' diventato un albero enorme.
Mi sono sentita come quell'albero.
E' stata una bella emozione, dritta qui nel petto.

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